giovedì 3 dicembre 2015

O CALIPSO...

Itaca,1034 d.Z.

Cara Calipso,
                       il lungo inverno che colpisce, da fin troppo tempo, i monti vicino a casa mia, ha reso la natura morente; niente in confronto alla grotta rigogliosa di piante dove tu vivi. Le piogge scalfiscono il terreno che si appesantisce, rendendo faticoso le camminate lungo le strade della città. Dall'altura più alta osservo la schiuma del mare che si infrange sulle coste di Itaca, ormai lontana dalle bellezze di Ogigia. La tristezza mi assale. La solitudine, in quei pochi momenti in cui la vivo, mi fa tornare alla mente dei ricordi. Tu sei una ninfa immortale e con una bellezza invalicabile. Ormai sono vecchio, la mia pelle è ricoperta di rughe e ferite a causa di vecchie battaglie, e non mi rendono più l'eroe che fui un tempo.  Ho sopportato un lungo viaggio e il mio cuore non mi ha mai abbandonato. La voglia di rivedere la mia amata moglie, ha avuto il sopravvento. Non mi pento di questa scelta, che l'ho tanto sognata e bramata. La mortalità non è un male. Non arrabbiarti per la mia decisione. Non lasciare che le lacrime rovinino il tuo viso. Ho superato difficoltà inimmaginabili, solo grazie alla speranza. Io non tornerò da te. Non pensare più a me. La tua gioia nello starti accanto non è dovuta solo a me. Tu desideri la mortalità, ma io non posso donartela. L'immortalità mi porterebbe a soffrire infinitamente per la mancata vicinanza della mia amata terra e della mia saggia Penelope. La mia storia è segnata. Le Parche hanno filato la mia vita, e fin quando quel filo quasi invisibile ai miei occhi non si spezzerà, io rimarrò sempre ad Itaca. La mia voce cupa sarà in contrasto con quella delle fanciulle, mentre la tua continuerà in eterno. La tua pelle è e sarà ancora liscia come la seta e il tuo viso giovanile rischiarerà per sempre il cielo. Itaca diventerà una terra oramai dimenticata e abbandonata dall'eroe Odisseo che è anche la persona che tu ami Calipso,  una ninfa che spera di essere un giorno mortale invece che  immortale, e rimpiange la sua natura e il suo essere divino.
       Odisseo

Christye#14

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