CENTRO ITALIA, CALAMITA PER LE CALAMITA' NATURALI
Come voi, cari lettori, ben sapete, l'ultimo decennio non è stato dei migliori per le regioni del centro Italia.
Dal
terremoto che ha colpito l'Aquila nel 2009 alla recente combinazione
neve-terremoto, le calamità naturali, in particolar modo i terremoti,
non danno pace al nostro Paese.
Otto anni fa il primo disastro di una lunga serie.
Erano le 3.32 di mattino del 6 aprile 2009 quando la terra tremò, cogliendo nel sonno l'Aquila e i suoi abitanti.
Una
scossa di magnitudo 6,3 a 8 chilometri dalla superficie rase al suolo
case, monumenti ed edifici storici e pubblici, causando la morte di 309
persone, ferendone 1.600 e lasciandone sfollate oltre
80 mila. Nell'arco
di 48 ore dalla scossa principale vennero registrate altre 255
repliche.
Da allora
non sono state ancora ricostruite completamente le aree colpite dal
sisma; il ricordo di ciò che è accaduto rimarrà sempre vivido nella
memoria di tutti, soprattutto perché l'Aquila non ritornerà più la città
che era una volta.
La
stessa sorte toccò all'Emilia Romagna. Alle 4.03 del mattino del 20
maggio 2012, una forte scossa di magnitudo 5,9 sconvolse metà regione,
svegliando spaventate migliaia di persone, ferendone e uccidendone
altre. Il bilancio finale fu di 7 morti.
Questa
volta però la scossa principale non venne seguita solo da uno sciame
sismico (ripetizione di scosse, di lieve o grave intensità, che seguono
la scossa principale) con picchi da magnitudo di 5,1, ma anche da
un'altrettanto catastrofica scossa che, il 29 maggio, provocò la morte
di altre venti persone. Quest'ultima fu di magnitudo 5,8 e si registrò a
9,6 chilometri di profondità alle 9 del mattino con epicentro a Medolla
e Cavezzo. I sismi si conclusero a seguito di uno sciame sismico finale
con picchi superiori a magnitudo 5. I feriti furono circa 300 e gli
sfollati raggiunsero quota 40 mila.
Lo scenario si ripeté un'altra volta nel 2016, in ben tre occasioni ravvicinate.
Il
primo sisma venne registrato alle 3.36 del mattino a 4 chilometri di
profondità, il 24 Agosto. La scossa di magnitudo 6 liberò la sua energia
tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. La scossa venne seguita da uno
sciame sismico molto potente, con scosse superiori a magnitudo 3 e con
un picco di magnitudo 5,4.
I
comuni più colpiti furono quelli in provincia di Ascoli Piceno, Rieti,
Perugia e l'Aquila; i più danneggiati furono quelli di Amatrice,
Accumoli e Arquata del Tronto. Le vittime totali furono 299, di cui 223
di Amatrice, 11 di Accumoli e 49 di Arquata. I feriti furono
centinaia e gli sfollati circa 3 mila.
Circa
due mesi dopo il sisma di Amatrice, il 26 e il 30 ottobre vennero
colpite rispettivamente Marche e Umbria, più precisamente il maceratese e
Norcia.
La prima
scossa del 26 ottobre fu di magnitudo 5,4 e si registrò a 8 chilometri
di profondità sotto Castel Sant'Angelo sul Nera alle 19.11, mentre la
seconda, registrata alle 21.18, fu di magnitudo 5,9. La vittima fu una
sola, deceduta per infarto; per il resto pochi feriti lievi e piccoli
crolli.
Il 30 Ottobre,
alle 7.40 del mattino, una scossa di magnitudo 6,5 (la più potente in
Italia dal 1980 all'epoca dell'Irpinia), venne registrata a 10
chilometri di profondità sotto il comune di Norcia.
Fortunatamente
non ci furono vittime, ma molto terrore e gravi danni arrecati al
patrimonio culturale: la basilica di San Benedetto e la con-cattedrale
di Santa Maria Argentea crollarono.
Stando
ad oggi, l'ultima catastrofe italiana in ordine cronologico è stata
quella che ha colpito tutto l'Appennino centrale, in modo particolare
l'Abruzzo.
In questo caso ci fu una concausa tra neve, freddo e terremoto a causare danni ambientali e urbani, feriti e morti.
Il 18 gennaio è la data più catastrofica per il nostro Paese dall'inizio 2017.
Al
freddo e alla neve dei giorni precedenti, si aggiunsero nell'aquilano,
nell'arco di sole quattro ore, ben sette scosse superiori a magnitudo 4,
di cui quattro superiori a magnitudo 5. Lascio a voi immaginare il
terrore provato dalle persone intrappolate nelle loro case, con 2 o 3
metri di neve davanti alla porta d'ingresso, già provate dai sismi
precedenti.
In alcuni comuni la neve causò il crollo di alcuni tralicci della corrente, lasciando senza energia 74 comuni abruzzesi.
I
morti ritrovati nei paesi più colpiti furono nove. Le cause furono di
diversa natura: ipotermia, intossicazione di monossido di carbonio
utilizzato per riscaldare le abitazioni in assenza di elettricità,
crollo di strutture dovuto al peso della neve sul tetto o a scosse di
terremoto.
Inoltre il
18 gennaio esondò, a Pescara, il fiume omonimo, allagando buona parte
della città, mettendo in crisi una città già in difficoltà.
La
tragedia di cui abbiamo più sentito parlare, però, è quella avvenuta
all'hotel di Rigopiano. Una slavina, causata dal susseguirsi di sismi,
alle 17.40 circa, travolse lo stabile. Al momento dell'accaduto 40
persone si trovavano all'interno, 28 ospiti e 12 dipendenti. Era dal
mattino che gli ospiti attendevano di abbandonare il luogo, avvertiti
dal proprietario dell'albergo. Purtroppo però la turbina che doveva
liberare le strade è stata preceduta dalla valanga. Solo 11 persone si
salvarono. Le altre 29 finirono vittime. Alcune rimasero uccise
nell'impatto, ma la maggior parte morì di ipotermia in stanze
miracolosamente rimaste intatte, come quelle in cui vennero ritrovati i
superstiti.
Come se
non bastasse, a Campo Felice, sul Gran Sasso, un elisoccorso è
precipitato il 24 gennaio alle 12 circa: le sei persone a bordo sono
decedute. Il velivolo sarebbe precipitato in seguito a forti venti e
precipitazioni.
Chissà cosa la natura ha ancora in serbo per il nostro Paese.
- GC