mercoledì 4 gennaio 2017

Ancora terrore

Ghisalba 2/01/2017

Terrore. Sembra questa ormai la parola principale che avvolge l'intero mondo. Il timore è tanto: dettato dalla paura di rimanere coinvolti in un attacco terroristico o di perdere un proprio caro. Tutto ciò a causa di persone che distruggono i sogni, la vita, le aspettative e i programmi altrui. Persone invasate dalle proprie idee, avversi verso l'Occidente, verso l'amare la vita e gli altri. Persone che come unico ideale hanno la morte.
La notte di Capodanno dovrebbe essere un inno alla gioia di vivere. Un calice di speranza si alza anche negli angoli più tormentati del mondo. Ma il terrorismo ha fatto breccia anche in questo e nessun simbolo di pace, di gioia e di speranza è risparmiato. Un'autobomba è esplosa pochi giorni fa nel centro di Istanbul vicino alla Vodafone Arena, lo stadio del Besiktas. Il bilancio è tragico: si parla di almeno 35 morti e 166 feriti, soprattutto tra la polizia: gli agenti rimasti uccisi sarebbero almeno 27. 
 Erano circa cinque mesi che non si verificavano grossi attentati a Istanbul. Dopo il mercatino di Natale a Berlino, al Reina club, affacciato sul Bosforo, è andato in scena come in un film già visto, l’orrore del Bataclan a Parigi, le raffiche di mitra che falciano decine di giovani e spengono, con la vita, brindisi, auguri e musica.
In una tragica continuità con l’anno che si è chiuso, è evidente la volontà di aggredire e ammutolire tutto ciò che agli occhi del terrorismo rappresenta il nostro modo di stare insieme, festeggiare e divertirsi. I riti di Natale e Capodanno, la libertà di movimento, la ritualità quotidiana, soprattutto  nell’universo giovanile, di ritrovarsi, ascoltare musica, ballare. Banalmente lo «stare insieme» diventa bersaglio mobile, facilmente perseguibile, di più dei cosiddetti obiettivi sensibili o istituzionali. Lo stare insieme è un «sempre» e un «dovunque», senza confini e senza tempo. Lo stile di vita della modernità e della globalizzazione, non appartenente solo all'Occidente, è apparentemente il bersaglio terroristico più plausibile. Non casualmente infatti l’ultimo attacco avviene sul Bosforo, secolare crocevia di civiltà e costumi diversi. 
La Turchia inoltre si trovava in una situazione di fragilità e precarietà. È un paese sconvolto da decine di attentati, dello scenario siriano e da oscure destabilizzazione interna.
In attesa di indagini e rivendicazioni ci sarà all’indomani un accordo di pace sulla Siria che vede protagonisti Turchia, Russia e Iran. 
Tuttavia, è difficile nutrire ancora dubbi sul fatto che la dimensione della paura che il terrorismo vuole diffondere risponde. Fra variabili interne e complessi percorsi di arruolamento e indottrinamento, aspira ad un disegno ideologico-religioso che mira a distruggere valori, stili di vita e tradizioni, che i fanatici dello jihad percepiscono come negative, oppressive, incompatibili con la loro concezione del mondo.
Il presidente ha affermato: "purtroppo abbiamo martiri e feriti. Quando la Turchia fa un passo positivo verso il futuro, la risposta delle organizzazioni terroristiche è il sangue, la brutalità, il caos. Tutte le organizzazioni terroristiche attaccano il nostro Paese e la nostra nazione con lo stesso scopo".
Di fronte a un nemico così subdolo, la legittima difesa dell’umanità è affidata alla Comunità internazionale. Nella nostra quotidianità, dobbiamo difenderci con lo stesso spirito dei londinesi sotto le bombe di Hitler: continuare a vivere. Non è facile, se il sangue copre anche gli auguri di Capodanno ma noi ce lo auguriamo, credendoci, almeno per una notte. A Istanbul invece, l’illusione è morta subito. 


Shiro #99


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