A Torino un uomo di 29 anni è stato colpito dalla malattia di Parkinson. Prima dell’insorgere della patologia era un giovane maestro di sci, ma alla scoperta del Parkinson ha dovuto rinunciare alla sua
passione e convincersi che non avrebbe più potuto sciare per il resto della sua vita.
Invece ora, dopo ben 12 anni, grazie al trattamento chirurgico di stimolazione cerebrale profonda,
l’uomo è ritornato sulle piste come un tempo.
Ciò è stato possibile grazie all'intervento andato a buon fine che ha fatto presso l'ospedale Molinette di Torino. All'interno della struttura erano già stati fatti altri 250 interventi, molti dei quali avevano guarito pazienti.
Io ritengo che l'intervento a cui è stato sottoposto l'uomo (e le altre 250 persone) per combattere il Parkinson, sia una scelta davvero dura da prendere. Decidere di ottoporsi ad un intervento così delicato non è semplice: sia per la paura di peggiorare la situazione già di per sè
critica sia per il timore che qualcosa vada storto durante
l'operazione.
D'altro canto credo sia corretto sottoporre i pazienti a questa tipologia di cura, perchè può permette a tutte le persone che soffrono di questa malattia di non rinunciare alle proprie passioni e soprattutto di continuare a vivere con il sorriso. A questo proposito ho letto un articolo che dichiarava che una donna dell'età di 63 anni che aveva il Parkinson da oltre vent'anni, aveva ormai perso ogni capacità motoria e avrebbe voluto smettere di soffrire attraverso il metodo più"veloce", ovvero la morte. Poi però, dopo l'intervento ha avuto un notevolmente progresso ed ora vive come ogni altra anziana in un buono stato di salute.
Certo, bisogna ammettere che non tutti dopo le adeguate cure hanno avuto miglioramenti considerevoli, ma la medicina continuerà ad evolversi e a scoprire nuove tecniche, nuove cure e nuovi strumenti per combattere le varie sindormi.
Mi auguro dunque che i medici portino avanti gli studi e che continuino ad operare i malati di Parkinson perchè ognuno di noi merita di camminare, muoversi e svolgere le attività giornaliere
autonomamente. Detto questo, spero che un giorno si troverà una cura infallibile e che non soltanto la maggior parte delle persone che si sottopone ad un intervento riesca a guarire, ma tutti. Nel frattempo però non possiamo far altro che aspettare con pazienza e continuare lungo questa strada che si sta dimostrando efficiente.
Sara
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