domenica 29 marzo 2015

Lettera all'adolescenza

                                                                                                                   

                                                                                                               30 gennaio 2015, Agnadello

Cara adolescenza,
                          come stai?
È la prima volta che ti scrivo ma volevo subito farti una predica.
Perché? Perché volevo farti capire come stiamo noi adolescenti in questo periodo della nostra vita, in questo periodo tra l'essere bambino e il diventare adulto. Un'età di mezzo, un'età stravagante, un'età piena di emozioni, un'età piena di felicità ma anche di tristezza.
Io mi sono sempre chiesta come tu riesca a far cambiare giorni bellissimi e inimitabili in giorni bui e tristi; giorni in cui non vorresti più sapere di tutto ciò che ti circonda e il destino ti mette a fianco un numero indefinito di persone.
Il problema? Il problema è che a volte basta essere da soli per ragionare e capire cosa ci turba veramente perché solo noi stessi possiamo capire come sta andando questo periodo della nostra vita chiamata adolescenza.
Basterebbe mettersi seduti e iniziare a pensare. Ma pensare a cosa? Io di solito ogni giorno riguardo gli esiti della mia giornata. Penso alle cose buone che ho fatto o semplicemente che mi sono accadute e ai fatti negativi che non dovrò più ripetere siccome mi hanno fatto male dentro.
Proprio così adolescenza, siamo ancora piccoli ma il nostro cuore palpita o fa male come quello di un adulto.
L'adolescenza è il periodo delle prime storie d'amore e delle prime delusioni che, a volte fanno male dentro ma, a volte, ti fanno riflettere e ti immettono sulla strada giusta.
A mio parere la nostra vita è come una strada: all'inizio sembra andare tutta diritta, poi pian piano che le ore di viaggio si prolungano, si incontrano incroci,  buche, incidenti e deviazioni. L'adolescenza è il periodo in cui queste cose si incontrano. Giorni fatti di alti e bassi, giorni sì e giorni no. L'adolescenza è un po' come le montagne russe: quando sei in cima ti senti tranquillo e sollevato ma quando inizia la prima discesa ti rendi conto che da quel momento iniziano i problemi.
Riassumendo, tu l'adolescenza, sei una strada, sei le montagne russe ma, nonostante ciò, ci fai provare emozioni bellissime e irripetibili che si possono vivere una sola volta nella vita.
Quindi ti dico una cosa, semplice ma significativa: grazie!
Se avrò bisogno di sfogarmi ancora un po' ti scriverò o, al massimo...fatti viva tu!
La tua carissima,
                                                                                                                                            Chiara


sabato 28 marzo 2015

DOLCINOTTI




                                                                                                Agnadello, 15 marzo 2015
Caro diario,

              come stai?
Io sto benissimo! Venerdì sera sono tornata dal mio soggiorno di quattro giorni presso Monaco di Baviera in Germania. La città mi è molto piaciuta: pulita, tranquilla e piena di verde; una città in cui, sinceramente, mi piacerebbe vivere. L'hotel si trovava a qualche chilometro dal centro e, per questo, ci muovevamo principalmente in pullman. Abbiamo visitato la città in tutte le sue bellezze e abbiamo anche raggiunto i castelli al di fuori di essa.
Sì, ovviamente è stato interessante (più o meno); però i momenti più belli della gita sono state le notti passate in camera. Finivamo la cena verso le nove e avevamo all'incirca due ore per andare a "far casino" in giro con i compagni. "Alle undici a letto per la sveglia mattutina delle sette e mezza!".Andare a letto alle undici? Questa sì che è una battuta! Noi andavamo a letto alle undici, sì... ci infilavamo sotto le coperte e poi io e le mie due compagne di stanza, Federica e Eria, iniziavamo a tirare fuori discorsi che partivano dal ragazzo di cui ero innamorata a dove si trovavano in quel momento gli One Direction. Esatto: ho dovuto ascoltare per quattro giorni di fila tutti gli album degli One Direction (Eria ne è ossessionata!). Comunque, di discorsi di cui parlare ne avevamo tanti. Diciamo che ci facevamo da psicologhe a vicenda. Devo ringraziarle per questo perché hanno sopportato tutte le mie vicende! Succedeva anche che, quando una di noi aveva fame, Eria tirava fuori del cibo dalla sua piccola ma spaziosa valigia. Finalmente cibo vero sotto il palato! Tutti i giorni ci siamo sorbite delle zuppe che, non erano male ma... avevo voglia della mia carissima pasta!
Ops! Mia mamma mi chiama per la cena: pasta alla carbonara e cotoletta! Questo è cibo! Ti scrivo presto promesso,

                                                                                                                                     
   - ChiaraBegs

Non solo belle parole...


Il monello

Lo scorso anno ho avuto l’occasione di vedere a scuola un film datato (la prima data di uscita risale al 1921) ma molto particolare: "Il Monello", un lungometraggio molto conosciuto (scritto, prodotto e diretto) di Charlie Chaplin. Questa produzione cinematografica è particolare per diversi motivi: è il primo lungometraggio di Charlie Chaplin, è un film muto e in bianco e nero, tratta un argomento sempre attuale che tocca il cuore con delicatezza e con ironia, senza ipocrisia. L’impostazione scelta da Charlie Chaplin non è casuale e rispecchia i personaggi, il loro "vivere"  in modo semplice; il messaggio che lascia allo spettatore è assolutamente importante. Charlie Chaplin (che interpreta il Vagabondo), oltre ad essere regista e colui che ha scelto la musica, è il personaggio principale che fa ridere e piangere nello stesso tempo. La figura del Vagabondo racchiude in sé sentimenti profondi, che egli stesso scopre all’improvviso di avere, e una spiccata sensibilità. Il Vagabondo è l’eroe, la tipica "mosca bianca", un  "Peter Pan" che combina le "marachelle" per guadagnare qualche soldino, per non vivere nell’assoluta miseria. Il Vagabondo e il Monello sono simili (come padre e figlio), sono privi di malizia e cattiveria. Per la madre che abbandona il figlio, in un primo momento, non si riesce a provare pietà ed a trovare una giustificazione al suo gesto che appare ai nostri occhi mostruoso e innaturale. Dopo un attento esame della situazione iniziale,nella quale questa madre si è trovata sedotta e abbandonata, la rabbia si sposta verso l’uomo (quell’Uomo), il vero cattivo, che non ha voluto neanche conoscere la creatura e che è sparito nel nulla. Di certo questo bambino, abbandonato per strada, è stato molto fortunato, ha trovato un "angelo" che si è preso cura di lui e che si è innamorato di lui. Tutto ciò mi ha fatto riflettere molto. Quanti bambini vengono abbandonati ai giorni nostri, invecchiano negli orfanotrofi e sognano una famiglia,  non hanno la stessa fortuna che ha avuto il "Monello"!  In questo film ci sono anche diverse contrapposizioni: amore e odio, buono e cattivo, ricco e povero, riso e pianto. Anche la sequenza della musica non è casuale, si “sposa” perfettamente con le sequenze del film. Quest’opera mi è piaciuta moltissimo. Quando il professore ha proposto la visione alla classe ero molto scettica e mi sono chiesta: "Un film in bianco e nero…? muto…?, chissà che tristezza, che noia!". Un vero capolavoro, una storia "di tutti i giorni", un messaggio alla portata di tutti, adulti e bambini. Una vera favola a lieto fine!

                                                                                                                                                        - Eria

In Alto Senza Pensieri

Ok, cari lettori benvenuti. Cominciamo subito per non dare noia:


Primo post settimanale:
Tutti sappiamo che lo stress può essere di pessima influenza sul nostro umore.
Del resto anche i troppi pensieri che spesso ci affollano il cervello guastano la nostra calma e il nostro "equilibrio interiore".
Per questo ho deciso che la filosofia di vita di questa settimana sarà:
"In alto senza pensieri".
Sapete, l'ispirazione mi è arrivata dai palloncini: l'altro giorno passeggiavo per le vie del centro di Treviglio e ho visto un bambino che teneva stretto un palloncino con la forma di spongebob e senza pensieri camminava con la sua mamma.
Ad un certo punto il palloncino si è slegato ed è sfuggito alla presa del bambino che, in preda alla disperazione, ha iniziato a seguirlo.
Inutile dire che il bambino non è riuscito a recuperare Spongebob.
Per quanto lui si affannasse il palloncino continuava imperterrito a salire sfuggendo al suo richiamo, senza alcuna preoccupazione.
E da quell'evento mi è venuta l'illuminazione: se tutti noi ci preoccupassimo di meno e, senza troppi condizionamenti, continuassimo a salire, ovvero crescere e andare avanti?
Crescere senza pensieri.
Fare come un palloncino che, leggero leggero, senza preoccupazioni, continua a salire senza guardarsi indietro e senza tornare sui suoi passi.
Lasciarsi alle spalle le preoccupazioni e tutte le tensioni che ci perseguitano.
Dimenticare i pensieri cattivi e lasciarseli scivolare addosso.
Ovviamente questo gioverebbe non poco al nostro surriscaldato sistema nervoso, che perennemente è in sovraccarico. Ma credo che farebbe bene non solo a noi, ma anche agli atri: dicono che il nostro umore influenzi anche quello delle altre persone, di conseguenza se noi siamo rilassati anche gli altri lo saranno, perché influenzati dalla nostra positività.
Di contro non bisogna finire con la testa fra le nuvole, perché questo peggiorerebbe la nostra situazione rendendoci distanti dal mondo reale e totalmente inattivi.
Ma di certo non ci lasceremo andare e saremo in grado di sfruttare nel migliore dei modi questa tecnica.
Quindi il compito della settimana sarà: Libera la mente e prendi esempio da un palloncino:
"In alto senza pensieri".


                                                                                                                                                                                       _Giuly_

I Suoi Maledetti Occhi: Capitolo 1


La sveglia suona alle 7:00 del mattino. Devo alzarmi per la scuola. Corro in bagno. Mi lavo. Finita la doccia, mi faccio il turbante in testa. Nel frattempo scelgo i vestiti. Mi metto la biancheria intima, dei jeans e una maglietta a maniche corte nera con i fiori ovunque e una scritta bianca: "Fall Love". Mi asciugo i capelli e inizio a truccarmi. Un filo di eye-liner, un po' di mascara e via. Fuori da casa c'è Federica che mi aspetta come ogni mattina. Esco di casa e insieme, con lo skate, andiamo a scuola. Alcuni ragazzi e ragazze si sono portati una borsa di plastica piena di schiuma e coriandoli per festeggiare la fine della scuola. Abbiamo paura perché sicuramente abbiamo in classe molti ragazzi cretini che ci avrebbero preso di mira con i gavettoni. Suona la campanella. Alla prima ora abbiamo religione. Il che vuol dire un'ora di nanna. Nella seconda ora c'è matematica. Il che vuol dire due ore di nanna. Nella terza c'è inglese. Il che vuol dire un'altra ora di nanna. Intervallo: tutti svegli ovviamente. Io e Fede usciamo in cortile a fare un giretto in attesa della fine della ricreazione. Al suono della campanella Federica mi dice: <<Wow, ancora due ore e torneremo a casa piene di schiuma!>> <<Hahaha già non vedo l'ora. Tra due settimane partiamo. Dio, non sto nella pelle!>> rispondo io. Due ore di italiano. Passano come niente. Suona la campanella e tutti gli alunni si mettono a cantare: <<È finita la scuooooolaaaa!!>> che cretini. Fuori inizia una guerra. Schiuma, coriandoli e uova ovunque. Un ragazzo con gli occhi azzurri come il mare in tempesta mi becca sul collo con un uovo e viene da me. <<Hei, scusami! Ti sei fatta male?>> mi dice lui tutto preoccupato. <<No no, non preoccuparti>>. Prendo l'uovo maciullato sul mio collo e glielo spalmo in faccia. Ridiamo come dei matti. Io divento rossa come un peperone. Lui si accorge del mio arrossamento e mi sorride. Io ricambio il sorriso e siamo rimasti lì a fissarci sorridendo per un minuto che è sembrato un'eternità. Poi dei suoi amici lo chiamano e lui se ne va. Sarei rimasta lì a guardarlo per ore. Se adesso qualcuno mi avesse chiesto come sto gli avrei detto di stare benissimo, ho trovato il mio uguale. Mi basta guardare i suoi occhi per essere felice e capire che quel maledetto sorriso appartiene ormai a me.
             
                                                                                                                                          MarkBrokenHeart

La psiche umana non cambia mai


INTRODUZIONE
L'uomo in tutta la sua storia si è evoluto, circondato da nuove scoperte, ma si è sempre distinto per una caratteristica: l'avidità.
Spesso l'avidità ha portato a conseguenze disastrose, e magari senza che nessuno ne sia venuto a conoscenza.

Questo racconto è ambientato nel 4000 d.C. ma la psiche umana non è mai cambiata.
L'uomo ha colonizzato il pianeta Marte, ha imparato a sfruttare le risorse presenti e ha inviato un uomo: Bill, per lavorare e ricavare energia per la Terra.



Capitolo 1

"Buongiorno Bill" disse il robot intelligente.
Bill non rispose, era sfinito.
"Ancora due settimane e me ne andrò da questo posto!".
Il robot fece una faccina felice.
Bill si vestì e, quando stava per uscire all'aperto pianeta rosso con la sua sonda, il suo uomo meccanizzato esclamò: "Stai ricevendo una chiamata dalla Terra".
Aprì il portone meccanizzato sovrastato dalla scritta: "GATE 14" e accese il computer quadridimensionale, era sua moglie.
Rispose, conversarono, ma Bill non aveva tempo da perdere: fu costretto ad interrompere dopo pochi minuti la chiamata poiché aveva ancora molto lavoro da sbrigare.
Riattraversò di nuovo gli innumerevoli corridoi, finché non giunse all'uscita dell'edificio
iper-tecnologico e si diresse nel "garage marziano". All'interno vi era un enorme macchina con le sembianze di un carro armato, con la differenza che era disarmato.
Come al suo solito vi salì, accese i motori e, dopo aver attraversato il suolo di Marte, passati pochi minuti giunse alla "torre di controllo", ovvero il suo edificio di lavoro.
Vi entrò, ma al posto di vedere la sua solita sala di computer, il buio si innalzò davanti ai suoi occhi.
Prese una torcia, l'accese e si diresse nel piano sottoterra
(o meglio "sottomarte"), per ripristinare la luce che probabilmente aveva subito un cortocircuito.
Ma quando entrò nella stanza si paralizzò davanti a qualcosa che lo fece rimanere incredulo...



                                                                                                                                                  



Andrea0201

martedì 24 marzo 2015

E tu ci credi?

Il destino... Un concetto che va al di là della semplice mente umana.
Esso è stato venerato da molti nell'antichità e ancora oggi alcuni di noi lo venerano; altri cercano di predirlo e altri ancora di capirlo.
Ma cosa può essere così forte da far cedere anche gli dei?
Magari una donna, talmente bella da incutere timore, oppure un animale selvaggio, talmente rude e forte da fermare un Dio.
Nessuno sa esattamente cosa sia ma tutto dipende da esso, sia nell'antichità sia ai nostri giorni.
Io credo nel destino. Credo che in tutto ciò che faccio ci sia un fine che porta ad una conclusione o un risultato già pianificato.
Prendiamo per esempio un  sentiero di montagna con un bivio. Magari all'inizio penso di prendere la strada a destra perché mi sembra quella più illuminata e, probabilmente, è anche quella che mi fa meno paura. All'ultimo secondo però decido di prendere la strada a sinistra, così… per cercare di ingannare il destino, per provare a trasformarlo. Ma in realtà non cambia nulla perché era già stato scritto che io all'ultimo momento modificassi strada e tutto ciò che sarebbe seguito nella mia vita non sarebbe dipeso da me, bensì da ciò che il Fato decise alla mia nascita.
Io al destino ci credo ma penso che, per avere una vita felice, si debba per forza credere di più in se stesso al posto di affidare la sua vita ad un "se" oppure ad un "forse".
Questo è ciò che noi facciamo tutti i giorni sperando di non essere interrogati, lasciando prendere la decisione a qualcun altro al posto nostro, non vivendo al pieno delle possibilità la nostra vita. Quindi sì, ci credo ma non mi lascio condizionare da esso.
Alex

50 sfumature di destino

Il destino... Difficile a dirlo. Molti pensano che non esista. Molti pensano che invece esista. Ci sono quelli che ci credono, ma hanno perso la speranza di cercarlo. Quelli come me, invece, vi sono guidati. 
Mi alzo alla mattina pensando che ogni giornata mi porterà sempre più vicino al mio destino. Tutto accade per un motivo. Tutto è inevitabile. Il destino è celato in noi stessi. Siamo noi che lo creiamo mediante le nostre decisioni, i nostri comportamenti, le nostre abitudini, i nostri valori. 
Ci sono anche le persone che hanno paura di esso. Combattono per far sì che il loro destino resti per sempre celato, non vogliono vederlo. Ma prima o poi si farà vedere. Spetta a noi saperlo guardare negli occhi. Non possiamo fare a meno di farlo uscire allo scoperto ancora di più. Ogni azione, ogni respiro, ogni sbaglio ci fa arrivare sempre più vicini al tanto pauroso destino. 
Ci sono diverse concezioni di vita: uno spettacolo muto o in bianco e nero, un arcobaleno inesauribile di colori, un concerto interminabile di rumori, un caos fantasmagorico di voci e di volti, di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono per tessere la catena di eventi che determinano il nostro personale destino. E non possiamo scappare da lui. 
Non è un viaggio. Tutti i viaggi finiscono e noi andiamo avanti. Il mondo gira e noi giriamo assieme a lui. I progetti svaniscono, i sogni prendono il sopravvento. Tuttavia, ovunque andiamo, c'è comunque. 
Il destino spesso lo si incontra sulla strada presa per evitarlo. 
Molti, stolti, negano con arroganza il destino: se lo neghi la vita diventa una serie di occasioni perdute, un rimpianto di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, un rimorso di ciò che non è fatto e avremmo potuto fare e si spreca il presente rendendo un'altra occasione perduta.
MarkBrokenHeart

Si chiama destino o coincidenza?

Il destino è una pagina bianca su cui scrivere, una pagina di un libro ancora aperto. 
Molti pensano che il destino sia già scritto, predetto da qualcuno superiore a noi, qualcuno onnisciente. 
Io, invece, penso che il destino sia solo una "coincidenza" o, perlomeno, una realtà astratta che comprende fatti che accadono casualmente ed inevitabilmente, senza seguire ordini cronologici precisi. 
E se per caso esci di casa e accade qualcosa di inaspettato? 
No, non è destino. Io penso che non c'è qualcuno che scriva per ognuno di noi il succedersi dei fatti della vita. Tutto accade senza logica, inaspettatamente e senza previsione. 
Alcune teorie affermano che il destino è segnato nella storia della nostra vita, altre che è scritto nelle stelle ed altre ancora che il destino è legato alla vita di qualcun altro. 
Tutto ciò a mio parere non ha nessun senso: le cose accadono senza motivo, non è destino bensì coincidenza, pura casualità. Tutto accade senza un motivo preciso, accidentalmente.


- F

lunedì 23 marzo 2015

Gruppi Rock: Green Day

Salve a tutti,

              è la prima volta che scrivo un blog e oggi vi parlo di uno dei miei gruppi preferiti: i Green Day.
I Green Day sono un famoso gruppo musicale punk-rock statunitense formatosi a Berkeley, in California, nel 1986. All'inizio erano conosciuti con il nome di "Sweet Children" e lungo la loro carriera hanno pubblicato finora 25 album. La band è composta da quattro membri attuali più altri due di supporto.
Innanzitutto, il principale autore di questa band è Billie Joe Armstrong, nato il 17 febbraio del 1972 da una famiglia povera in Oakland (California) insieme ai suoi cinque fratelli maggiori, a sua madre e a suo padre, Andy Armstrong (camionista e musicista part-time di musica jazz).
Billie Joe Armstrong, oltre a essere un autore, è anche un cantante e polistrumentista, frontman e chitarrista. La sua prima canzone ufficiale, fatta da ragazzo, fu Why do you want it?, dedicata soprattutto a sua madre perché, dopo la morte del padre a causa di un cancro all'esofago, si trovò un altro compagno (da cui la domanda del titolo). La prima chitarra che usò fu la Gibson Les Paul.
Un altro membro dei Green Day è il bassista Michael Ryan Pritchard, chiamato con il nome d'arte "Mike Drint". Mike è nato a Berkeley il 4 maggio 1972 ed è stato cresciuto da dei genitori addottivi (poi separatisi). Incominciò a intraprendere la carriera da bassista quando incontrò per la prima volta Armstrong a scuola. Quel giorno, infatti, dopo l'incontro a scuola Armstrong lo invitò personalmente nella sua villa per mostrargli le chitarre del padre. E da allora diventarono amici. Anche lui come Armstrong compose alcune canzoni, come Modern World dell'album "21st Century Broken".

Il terzo componente storico del gruppo è il batterista Frank Edwin Wright III, chiamato anche "Tré Cool". È nato nel 9 dicembre del 1972 a Francoforte sul Meno in Germania, ma è cresciuto a Willits, in California, con suo padre. All'inizio suonava la batteria con la band Lookouts, ma dopo lo scioglimento, nel 1990 si offrì di far parte dei Green day poiché Al Sobrante, l'ex batterista, dovette  lasciare la band per gli studi. 
Per ultimo c'è Jason White, conosciuto anche con il nome di "Balducci Frisco Lee", diventato membro della band nel 2012. Costui è nato l'11 novembre 1973 a Little Rock, è il secondo chitarrista dei Green Day ed è pure un amico di Armstrong.
Tuttora il brano più famoso dei Green Day è American Idiot. Ascoltatelo perché è un grande brano!
È un mio consiglio.
A presto!

Cesare Crarobaldo

A Demons Story - I demoni sono tra noi

Al giorno d'oggi i demoni sono oggetto di interesse abbastanza popolare nella cultura moderna.
Sono una grande fonte di ispirazione per gli scrittori, che basano ad esempio i loro libri su un universo popolato da demoni e da umani che lottano per sterminarli, così come per i registi, che traggono ispirazione dalle opere degli scrittori o dalla propria immaginazione per creare capolavori assoluti.
Anche coloro che scrivono testi musicali sfruttano questa tematica per creare le loro canzoni.
Sono poi molto celebri aforismi riguardanti i demoni nella vita quotidiana come "Ho provato ad annegare i miei demoni, ma sanno nuotare" oppure "I demoni esistono, vivono dentro di noi e a volte riescono ad uscire".
Bene, dimenticatevi di tutto ciò.
I demoni non sono solo uno spunto per scrivere hit, bestseller o post "tagliavene" su Tumblr, ma una minaccia reale, concreta, da non sottovalutare.
Da qualche tempo hanno iniziato a farsi strada tra la gente.
Li si può percepire nell'aria se si ha un fiuto sviluppato: odorano di cadavere in putrefazione e sangue fresco.
Spesso si nascondono tra gli umani, possedendoli a loro insaputa.
Come faccio io a sapere tutto ciò?
Beh, innanzitutto, è bene che mi presenti: Il mio nome è Giovanni Emanuele Tadini e, nonostante io abbia solo quindici anni, sono il più grande cacciatore di demoni che sia mai esistito; il più potente, il più abile e il più esperto, ma soprattutto il più modesto!
Ah, come dite?
Starei dando l'impressione di essere un pallone gonfiato egocentrico e vanaglorioso secondo voi?
Ebbene io vi dico... che avete ragione!
Se non ci credete, lo scoprirete nei prossimi post...



CursedGio








domenica 22 marzo 2015

L'armadio

Edward, un ragazzino come tutti gli altri dalla corporatura robusta, molto conosciuto dalla gente e soprattutto vivace, si trovava sulla via del ritorno verso casa tutto solo in una giornata ventosa. Come tutti i giorni, verso le 16:30 Edward arrivò a casa dopo una lunga giornata di scuola e, attraversato il vialetto, aprì la porta. In casa lo avvolse unaria misteriosa, come se non riconoscesse più la sua casa e avesse molta paura e preoccupazione. Edward era molto spaventato e per questo cercò i genitori, che a quellora dovevano essere già tornati dal lavoro. Il ragazzo continuò a cercarli e a chiamarli, ma inutilmente; allora andò dai vicini, ma non li trovò neppure lì. Tutta la città sembrava deserta come se lui fosse lunico al mondo. Lunica idea che gli venne in mente fu quella di chiamarli al cellulare, ma non cera campo... Allora Edward tornò immediatamente in casa e pensò che fosse tutto uno scherzo. Si sdraiò sul divano e accese la televisione, ma nessun canale era visibile, tranne uno sul quale compariva una freccia che gli indicava larmadio posto alla sua destra, in salotto. Il ragazzo girò lentamente la testa e vide larmadio aprirsi di alcuni centimetri. Si diresse lentamente verso le ante e le spalancò... La sua faccia divenne pallida come se avesse visto un fantasma, ma in realtà vide appese con gli appendiabiti le teste decapitate dei genitori che improvvisamente aprirono gli occhi. Edward, preso dal panico, corse su per le scale in camera, chiuse la porta a chiave e si nascose sotto le coperte chiudendo gli occhi. Improvvisamente sentì larmadio salire le scale e sentì anche la voce dei genitori che gli dicevano: "VIENI CON NOI, VIENI CON NOI, VIENI CON NOI". Il ragazzo, spaventato a morte, si portò le ginocchia alladdome e chiuse gli occhi più forte che potè. Ormai larmadio aveva sfondato la porta della stanza e, un attimo prima che i genitori stessero per sollevare la coperta con la bocca, Edward improvvisamente si svegliò. Il ragazzo si tolse la coperta, scese le scale e si mise davanti allarmadio: ora doveva trovare il coraggio di aprirlo.
Sascia