mercoledì 30 settembre 2015

Immigrazione: mettiamoci nei loro panni

Recentemente i paesi europei tradizionalmente meno esposti alle ondate migratorie dei disperati in fuga da guerra, fame, persecuzioni hanno dovuto prendere atto che questo problema non riguarda solo paesi come la Grecia e l'Italia da sempre esposti per ragioni morfologiche-geografiche  all'afflusso continuo di gente in fuga da condizioni di vita insostenibili.
Il mar Mediterraneo infatti lungi da essere una barriera invalicabile ha sempre costituito una sorta di "autostrada" tra il nord Africa e il vicino Oriente, e l'Europa.
È quindi giusto che l'Europa, non solo l'Italia e la Grecia si facciano carico della vita di questi 
disperati, uomini donne e bambini ospitandoli e garantendo loro condizioni di vita, dignitose.
Certo la presenza di un'elevato numero di extracomunitari in condizione di bisogno può rappresentare un problema di ordine pubblico, un problema di sicurezza (fra queste persone si potrebbero nascondere anche dei personaggi pericolosi), un problema igienico-sanitario e economico, ma a me sembra giusto e umano soccorrere delle persone che sono evidentemente in gravissima difficoltà e che hanno messo a repentaglio la propria vita per raggiungere i nostri paesi.
È, però vero che queste persone devono essere equamente distribuite in tutti i paesi europei e che tutta l'Europa se ne faccia carico.
Questa situazione mi ricorda la condizione degli ebrei perseguitati in fuga attraverso l'Europa alla ricerca di un paese ospitale e sicuro.
Il modo migliore per affrontare questo fenomeno è provare a mettersi nei panni di queste persone e immaginare di essere nelle stesse condizioni e nello bisogno.
Enrico

L'immigrazione: una questione di non facile risoluzione


Salve a tutti cari lettori,
  sono qui oggi per esprimere il mio parere su una delle questioni di attualità che ultimamente tormenta il nostro paese: l'immigrazione.
È da molto tempo ormai che molti abitanti della Libia e delle coste africane decidono di pagare cifre esorbitanti per affrontare un viaggio a bordo di vecchie barche in mezzo al mediterraneo per cercare salvezza in altri paesi. Ora così l'Italia e gli altri paesi europei si trovano ad affrontare un altro problema: quello degli immigrati.
Fino a qualche mese fa la situazione non era problematica, ma negli ultimi tempi il numero delle persone che arrivano in cerca di aiuto è aumentato incredibilmente. L'Italia da sola non può sopportare la situazione ancora per molto. La popolazione italiana si è divisa in 2 gruppi di pensiero: c'è chi pensa che gli immigrati non dovrebbero essere ospitati e chi sì. A mio parere è giusto dare aiuto a chi si trova in difficoltà, ma penso anche che la questione degli immigrati non sia solo un problema dell'Italia, ma di tutta l'Europa, penso che anche gli altri paesi dovrebbero rendersi disponibili ad accogliere gli immigrati.
Un altra grande questione è a mio avviso il comportamento degli immigrati, infatti, come tra la gente italiana, c'è chi si comporta bene e chi no. Penso infatti sia assolutamente giusto permettere alla gente immigrata che lavora per pagarsi da mangiare di vivere in Italia, ma non penso invece che sia giusto dare loro soldi se non lavorano e inoltre non mostrano riconoscenza nell'aiuto che viene dato loro.
Non è facile dedurre come finirà la questione, vi terrò aggiornati...

Ivan

IL CYBERBULLISMO

Internet è un modo di navigazione e ricerca molto efficace e utile agli studenti, ma l'altra faccia della medaglia nasconde un lato molto negativo: il cyberbullismo.
Il cyberbullismo (ovvero "bullismo" online) è il termine che indica atti di bullismo effettuati tramite mezzi elettronici, come ad esempio i social network
.

É un fenomeno grave perché in poco tempo le vittime  possono vedere la propria reputazione danneggiata in una comunità molto ampia, anche perché i contenuti, una volta pubblicati, possono riapparire in luoghi e momenti differenti, sotto gli occhi di tutti. Spesso i cyberbulli compiono atti di bullismo online perché ritengono la loro vittima  "diversa" (per apparenza estetica, timidezza, orientamento sessuale...). Le vittime di questo allarmante fenomeno subiscono conseguenze psicologiche molto gravi: si rifiutano di tornare a scuola ed affrontare quelle persone che le hanno "rovinate pubblicamente"; possono cadere in depressione e distaccarsi dalla realtà in cui vivono e nei casi più gravi togliersi la vita. Come possiamo noi, spettatori di queste tragiche scene,  aiutare le vittime in difficoltà? Innanzitutto se ci troviamo di fronte ad un caso di cyberbulling dobbiamo cercare aiuto e denunciare quelle persone che ci stanno perseguitando. Solo rendendo pubblico questo loro comportamento potremmo fermare i loro atti che ci stanno facendo male.

-F

sabato 26 settembre 2015

Aggiungi un posto a tavola


                                                           



"Ogni parrocchia accolga una famiglia di profughi. Lo faranno per prime le due parrocchie del Vaticano. Cominciamo dalla mia diocesi di Roma”. Queste le parole pronunciate da Papa Francesco a riguardo. Con tutta l’immigrazione che si sta verificando in Europa, è diventata attualità chiedere di ospitare le famiglie dei nuovi arrivati. Ma deve essere un obbligo o un’iniziativa? Dobbiamo essere noi ad accogliergli, oppure dobbiamo aggiungere un posto a tavola con la consapevolezza che ad ognuno spetterà ospitare una famiglia? Cosa ci riserva il futuro andando avanti di questo passo? 
In fin dei conti se gli annunci, non solo da parte del Papa, continueranno ad essere questi, il nostro destino è già segnato. Potremmo prendere parte a scambi culturali senza dover pagare il viaggio in aereo. Ci potremo confrontare con famiglie di origini straniere senza alcuno sforzo. Solo dovremmo condividere lo stesso tetto. Siamo disposti a imparare il siriano o l’arabo? Siamo disposti a mangiare piatti diversi dai nostri? Viviamo in una società sempre più multietnica che sempre più ci chiede di essere aperti a culture diverse. Se così deve essere, perché non aggiungere un posto a tavola per un amico in più? Forse potremmo vedere tutto questo sotto una luce diversa; mettiamo il caso che una sera non si abbia voglia di cucinare, si potrebbe sempre chiedere al nostro ospite : “ Abdul cucini tu stasera?”. Potremmo scoprire che apprezziamo il kohfta (cosce di agnello macinate con spezie) più di quello che crediamo, e potremmo trovare piacevole farci servire un ahuwa mazbut (il nostro comune caffè) comodamente seduti sul divano. L'abituale sandwich o merendina, potrebbe essere sostituito da una buona porzione di cous cous per le merende dei bambini a scuola, o per i pranzi dei mariti al lavoro. Potremmo assumere il nostro ospite come chef a tempo pieno, così che, quando quando torniamo a casa dopo una giornata di lavoro, il nostro pensiero potrà essere: “E’ vero oggi non devo cucinare io! Abubakar ha preparato il Falafel (polpette di legumi speziate e fritte)!”  


_Giuly_


Matrimoni approvati, arriverà anche l'adozione gay?

Un argomento molto discusso in quest’estate di cambiamenti è stata l’approvazione da parte dell’Irlanda e dell’America ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, la scelta di questi due Paesi è stata discusso molto in Vaticano ma anche in tutto il mondo.

La natura ci ha creati uomini e donne per poter procreare ma è anche vero che molti bambini sono stati abbandonati per strada subito dopo essere stati messi al mondo, sono stati lasciati davanti agli orfanotrofi in buste di plastica, in scatole di cartone al freddo e al gelo o sotto il caldo torbido d’estate. Sono stati lasciati lì senza neanche un nome. Senza amore e famiglia e mi chiedo cosa possa essere peggiore di questo.
La pratica per l’adozione è molto lunga e richiede che uno dei due genitori non lavori e stia a casa per accudire il bambino ma la famiglia deve avere un reddito comunque alto, in Italia una coppia di sposi ha in media un bambino perché  “i costi sono troppi”,  altre invece non riescono a procreare e cercano di affidarsi agli orfanotrofi per trovare un bambino tutto loro, infine ma non meno importante c’è un’ultima tipologia di coppie: quelle che abbandonano il figlio davanti alle chiese o peggio nei cassonetti. Alcune coppie gay hanno recentemente chiesto il permesso di adottare questi bambini poiché avendone le possibilità sarebbero riusciti a crescerli dandogli un'istruzione e una famiglia in cui stare. Il governo respinge tutte le richieste perché ha un pensiero fisso.”in natura non è così e un bambino crescerebbe male”. Sinceramente penso che queste sia una delle frasi più banali e scontate che qualsiasi persona possa dire non pensando alle condizioni che hanno questi bambini nei luoghi dove sono stati abbandonati, magari nelle case famiglia in cui vengono continuamente sballottatati. Forse, ma dico forse, sarebbe meglio una famiglia stabile con un tetto sicuro e due genitori che ti diano amore, anche se sono dello stesso sesso.
La verità è che nessuno vuole progredire in questo campo, continuano tutti a pensare con la mentalità di cinquanta o sessant’anni fa, quando invece oggi siamo totalmente diversi e riusciamo benissimo ad accettare i cambiamenti anche perché la parola “cambiamento” non è sinonimo di male, anzi, corrisponde al progresso e perché no, potrebbe poi un giorno diventare un abitudine vedere famiglie composte diversamente da ciò che siamo abituati a vedere oggi.
Tutti parlano di progresso ma, credo che, l’unico progresso che vedono sia il loro nuovo modello di smartphone.

Alex

Morire per divertirsi: ne vale la pena?

Buongiorno a tutti, come state?
Spero vi stiate divertendo durante le vostre meritate vacanze.
L'altro giorno, guardando il telegiornale ho notato un aspetto particolare dell'estate, un aspetto che sicuramente non è tra i più lampanti.
Sto parlando delle numerosissime morti che avvengono ogni anno in estate, in Italia (ma probabilmente anche nel resto del mondo) tra gli adolescenti e tra i giovani in generale.
Molti di voi penseranno:-"Ma cosa dici, anche durante il resto dell'anno si sente parlare di adolescenti morti, investiti o drogati"-.
Ebbene, avete ragione, ma la maggior parte di queste morti sono causate dalla stessa cosa: il divertimento.
Che un ragazzo si butti da un balcone in una piscina (il cosiddetto "balconing"), che da ubriaco guidi il motorino senza casco o che venga drogato in discoteca con una misteriosa polverina nel drink, l'aspetto comune di tutti questi casi di morte tra gli adolescenti è che tutti volevano divertirsi e che lo sapessero o meno hanno pagato caro il prezzo di una notte di follie o di "sballo"
La mia domanda ora è la seguente: è davvero questo il divertimento?
Rischiare di morire sfracellandosi contro un palo o un'auto o per overdose (spesso riuscendoci) solo per provare una scarica di adrenalina?
È questa l'idea di divertimento in estate?
Io non credo proprio, e inviterei tutti a valutare i benefici e i rischi prima di fare qualcosa di molto stupido e irresponsabile

CursedGio


L'essere responsabili: nuovo obiettivo per l'estate

All’inizio dell’estate, come in ogni cittadina, è iniziato il cosiddetto "cre" chiamato anche "cre-grest". Io, come ragazza che frequentava le scuole superiori, ho potuto scegliere di fare l'animatrice. Ogni giorno, io e altri ragazzi, ci trovavamo alle otto di mattina per organizzare le varie attività della giornata e non solo! Prima che iniziasse il tutto abbiamo dovuto partecipare a delle riunioni formative cosicché fossimo pronti a passarne di tutti i colori. Io, all'inizio, non ero molto entusiasta siccome non avevo questo grande rapporto con i bambini ma, subito dal primo giorno mi sono sentita accettata proprio da ognuno di loro. Ero come la loro mamma. Non facevo in tempo a mettere piedi in oratorio la mattina che subito sentivo "Chiara!", "Mamma!", "Mi spingi?", "Mi prendi in braccio?". Insomma, si arrivava a fine giornata stanchi morti ma soddisfatti del proprio, diciamo, lavoro. Avevamo una grande responsabilità e mene sono resa conto proprio quando i bambini giocavano. Avevo paura per loro. Se si facevano male? Se cadevano dalla panchina? Se picchiavano la testa? La responsabilità era non del tutto mia ma in parte. Ecco perché ero sempre attenta che non facessero troppo gli "splendidi". Appena li vedevo in bilico al pericolo li prendevo e li portavo da qualche altra parte. Ho imparato a essere sempre disponibile per tutti in ogni momento e ad avere il controllo su specifiche attività. Insomma, ho iniziato a capire veramente quel che voleva dire essere responsabili e da un episodio accaduto in piscina ho capito quanto era indispensabile. Io e altri animatori eravamo a fare il bagno e ad un certo punto vediamo un bambino (non del nostro oratorio) essere portato fuori dall'acqua senza più segni di vita. Lo pensavano morto. Io ero in ansia e ci sono stati dei miei amici che hanno iniziato a piangere. Hanno iniziato a rianimare il bambino e solo dopo molto tempo ha iniziato a respirare. Dopodiché è arrivato l'elicottero di emergenza che ha portato il bambino in ospedale a Bergamo. Un episodio che non riesco a cancellare la mente. Gli animatori di quel bambino dove erano finiti? La responsabilità? Abbiamo visto la morte davanti ai nostri occhi e da quel giorno abbiamo iniziato veramente a prenderci cura prima di noi stessi e poi dei nostri bambini. Ho capito proprio da questa estate che essere responsabili è un qualcosa di importante se si vuole crescere al meglio.
- ChiaraBegs

Immigrazione: necessaria o no?


L'immigrazione. Tema molto discusso nell'ultimo periodo a causa del continuo crescere della marcia verso l'Europa da parte dei popoli africani e medio orientali. La maggior parte di questi migranti arriva in Italia e ci resta perché per ora l'Europa sembra intenzionata a non aiutarci e questo ricade con un certo peso anche sull'economia italiana.
C'è gente che dice che non bisognerebbe accoglierli e rimandarli indietro e gente che dice che facciamo bene ad aiutarli.
Personalmente penso che aiutarli sia la miglior cosa, ma questi migranti hanno davvero bisogno?
Sono venuto qui ad Eraclea Mare, località balneare veneta nei pressi di Venezia e Jesolo, circa il 19 di giugno e ho quindi potuto osservare da vicino i 250 migranti che si trovano in un residence vicino al mio.

La maggior parte di loro sostiene di esser scappata dalla guerra, dalla miseria e dalla povertà, ma, visto il loro comportamento, mi sono ricreduto su questa affermazione.
Oltre ad avere oggetti di notevole valore come Iphone di ultima generazione, si lamentano per qualsiasi sciocchezza quale il cibo che non li soddisfa (che viene loro preparato da uno dei migliori ristoranti della città) buttandolo per terra, per i vestiti che non apprezzano quando alcuni di loro portano le Jordan (scarpe decisamente molto costose), per i letti definiti scomodi perché sono solo delle brande o materassi e per il caldo che non li fa dormire la notte a causa del fatto che non hanno ventilatori o condizionatori, per il fatto che non permettono loro di comprare alcolici, ancora per il cibo e per l'acqua a quanto pare non sufficiente.
Parlando con un tabaccaio locale mi ha detto che per cercare di prendere le sigarette gli hanno dato addirittura soldi falsi.

Credo dunque che molti di questi migranti, non solo qui ad Eraclea Mare ma in Italia in generale (visto che problemi simili si sono riscontrati anche in altre città), non scappino davvero dalla guerra o dalla miseria e che quindi prima di farli entrare in Italia bisognerebbe controllarne le origini.
           
                   
                                                                                                                                                     Cama00

venerdì 25 settembre 2015

Il fenomeno dell’immigrazione clandestina: un problema o un vero business mondiale?

Negli ultimi mesi si è assistito ad un fortissimo aumento del fenomeno dell’immigrazione clandestina in Italia. I principali protagonisti provengono dal Marocco, dall'Algeria, dall'Iraq, dalla Somalia, dalla Polonia, dall'Albania, dall'Ucraina. Queste persone si imbarcano di nascosto su piccole barche o barconi malmessi e affrontano un lungo viaggio in mare per sfuggire alla miseria, alla fame, alla guerra, a persecuzioni religiose e sociali. Molti di questi immigrati giungono sulle nostre coste con ogni mezzo disponibile, sopportando fatiche bestiali e, molto spesso, rischiando anche di morire durante il “viaggio della speranza”. Essi sperano di trovare una terra migliore che offra loro soprattutto un lavoro ed un'integrazione nella società. Il flusso migratorio si concentra in particolare in Italia dove il riconoscimento dello status di profugo richiede mesi se non anni quando viene fatto ricorso e questo i clandestini lo sanno bene. L'inserimento nella società per gli extracomunitari non è però facile, perché costituiscono una concorrenza per i posti di lavoro, già scarsi. L'Italia sta diventando un immenso campo-profughi e di fronte a questo fenomeno l'unica cosa che il nostro governo è capace di fare è di smistare gli immigrati nei piccoli centri di provincia dove in qualche caso sono più dei residenti. Queste persone non hanno un'attività, non parlano italiano e generano, non per colpa loro, tensioni sociali.
La popolazione italiana a questo riguardo si spacca in due fazioni: la maggior parte vuole che i clandestini siano rimandati ai loro paesi di origine; altri credono sia meglio trattenerli nei centri di accoglienza in quanto ritenterebbero l'impresa non appena possibile, affrontando rischi sempre maggiori.
Questo continuo flusso di immigrati, destinato a crescere nei prossimi anni secondo le stime dell'ONU, crea allo stato Italiano gravi problemi; infatti è impossibile accogliere tutta questa povera gente nei centri di accoglimento, ma soprattutto comporta dei costi notevoli per mantenerla e rimpatriarla. Ciò che crea più preoccupazione è sicuramente il fatto che molti di questi immigrati siano clandestini e vivano in condizioni degradanti. Molto spesso è proprio la criminalità organizzata internazionale a gestire l'ingresso clandestino, e questo rende il problema ancora più drammatico. L’immigrazione clandestina è diventata per importanza e per risultati economici il secondo business al mondo. I poveri migranti, trattati come schiavi, ammassati su carrette del mare, su automezzi, sui treni, sono comandati da individui disposti a tutto. I così detti trafficanti di uomini sono sempre più numerosi, sparsi per il mondo, a lavorare per un affare sempre più internazionale. La tratta di esseri umani oggi costituisce un problema prioritario sia in Europa che nel resto del mondo, sia per l’ordine pubblico ma soprattutto per la dignità umana.

Eria

"Sto bene grazie", o forse no...

         

                                                                                                                                 25-09-2015
                                                                                                            Istituto Facchetti Treviglio
          
          Caro diario,
 

       L'altro giorno ho avuto modo di riflettere sulla frase "sto bene" che pronunciamo ogni volta in cui qualcuno ci chiede come stiamo.
Fin da piccoli i nostri genitori ci hanno insegnato a rispondere sempre:" sto bene grazie", e magari di sorridere o almeno di provarci mentre lo dicevamo.
Ma quante volte al posto di quel bene avremmo voluto dire:"male", magari perché la nonna ci aveva proibito di mangiare dei cioccolatini prima di pranzo o perché la mamma non ci aveva portato al parco come aveva promesso o semplicemente perché ci stavamo annoiando. In qualsiasi caso lo avremmo voluto dire, ma dato che volevamo mostrarci rispettosi ed educati (forse per ricevere un regalo dai genitori) rispondevamo con la frase che ci era stata insegnata.
E così quella frase ci è rimasta in testa, è come quando abbiamo imparato a dire la parola "ciao": una volta che abbiamo appreso il termine, lo abbiamo ripetuto più e più volte, fino a che è rimasto impresso nella nostra mente.
Ma pensandoci bene... Perché diciamo che va tutto bene quando invece vorremo scappare da tutti i problemi, rifugiandoci nella braccia di nostra madre come da bambini?
Perché non ammettiamo agli altri e a soprattutto a noi stessi di aver bisogno di aiuto?
Forse non vogliamo far star male le altre persone, d'altra parte è difficile confidarsi e non è cosa da tutti, ma è anche vero che di tanto in tanto una ripulita al nostro cuore non farebbe male.
Perciò vorrei dirvi una cosa: anche io spesso, in realtà praticamente sempre, dico di star bene, anche quando è chiaro che nulla va nella direzione in cui dovrebbe andare, ma spesso
non posso fare a meno di parlarne con qualcuno, a differenza di molti altri che invece si tengono tutto dentro fino al punto di scoppiare.
In conclusione vorrei dire a questi ultimi che dicendo che va tutto bene non è accontentare gli altri o non farli preoccupare, ma è mentire, mentire agli amici, ai conoscenti, alla propria famiglia, ma soprattutto a voi stessi.
Ricordatevi che più vi terrete le cose dentro più farete del male a chi vi ama, e non credo
che sia ciò che vogliate.
Un abbraccio,
                                                                                                                                 Sara